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“The horror! The horror!”: Blumhouse’s Fantasy Island

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Ma che concept della madonna aveva Fantasy Island?
La serie tv, dico.
Era un gol a porta vuota.
Era Love Boat, tranne che non c’erano limiti alle storie che potevano capitare ai suoi passeggeri/visitatori.
Era Westworld, ma senza i problemi tecnici e unicamente con quelli morali/filosofici.
Ed era stronzo.

Non è distantissima da Val Verde, ci sono stato un paio di volte in vacanza

Io l’ho sempre vista così: era il Giudizio Universale.
Non c’era bisogno di nessuna spiegazione.
Tu arrivavi – probabilmente eri morto e non lo sapevi, probabilmente no, non è importante – ed esprimevi un desiderio.
Pagavi, perché è giusto (ma già questa cosa che pagavi doveva far partire un primo allarme…) e sbarcavi col tuo bell’aeroplanino.
Ti accoglievano Ricardo Montalban e Hervé Villechaize, platealmente lì per replicare la coppia Scaramanga / Nick Nack in L’uomo dalla pistola d’oro.
Hervé si fomentava abbestia e inziava a urlare “The Plane! The Plane!” che complice la sua vocina e il suo accento francese all’epoca diventò un tormentone istantaneo.
Ricardo Montalban sapeva già tutto e lo spiegava a Hervé. Sapeva già tutto perché aveva ricevuto la prenotazione col form compilato ecc… ma a me piace pensare che vedesse tutto leggendolo nella testa dei clienti in quel momento.
Non sono una persona spirituale, ma se mi costringessero a pensare a come immaginerei il mio arrivo nell’aldilà se questo dovesse corrispondere a una conclusione etico/morale dell’arco narrativo che ha composto la mia vita… io me l’immagino così. Con Ricardo Montalban che mi chiede qual è la mia fantasia, e Hervé Villechaize triggeratissimo che non vede l’ora di vederla realizzata.
Se sei stato bravo va tutto bene, la tua fantasia si concretizza esattamente come l’hai pensata e ti dona quel magico, intenso, meritato momento catartico prima di essere inghiottito dall’oscurità eterna.
Se non lo sei stato, la tua fantasia va a puttane e te la fa pagare per tutti gli imperdonabili errori commessi nella tua miserabile esistenza.
E sulla base di quali metri di misura vieni giudicato?
Nella vita, ahimé, è impossibile saperlo.
In Fantasy Island, per fortuna, è tutto nelle mani dei soliti prevedibili sceneggiatori americani.

Ciao bambini!

Era questo il bello di Fantasy Island.
Ti dava la possibilità di assistere a personaggi alle prese con le loro fantasie definitive senza limiti (tranne quelli del PG-13), di empatizzare fortissimo con loro e/o curiosare nei loro desideri più intimi.
E poi, come capita spesso anche col genio della lampada, ad alcuni di loro la metteva in culo.
C’erano sempre quelli loschi, o malintenzionati, o anche solo ingenuamente schiavi di peccati non ancora espiati: per loro le cose non andavano esattamente come previsto.
L’isola li giudicava e puniva, facendo prendere svolte a sorpresa alle loro fantasie.
E allora il Mr. Rourke di Montalban, senza cambiare espressione, si trasformava da benevola entità a inquietante, inflessibile Willy Wonka.
Vai a sapere perché Jason Blum ha pensato che valesse la pena portare questo format al cinema, ma una cosa l’aveva capita: i momenti inquietanti, le fantasie disattese, le svolte da incubo, erano i migliori.
Ed era giusto regalare al mondo una versione dichiaratamente horror.

Il nuovo Mr. Roarke, now con extra-oscurità.

Jason Blum decide di mettere tutto nelle mani di Jeff Wadlow.
Chi è Jeff Wadlow?
Grazie per la domanda.
Jeff Wadlow sarebbe un tizio dalla carriera insulsa qualsiasi, se non fosse per un paio di cosette:
1. Never Back Down, fra i primissimi film a tentare di lanciare le MMA al cinema mischiandole al teen movie alla Karate Kid, che ha finito per diventare un mini-franchise DTV proseguito da Michael Jai White;
2. Kick Ass 2, che addirittura Quentin Tarantino citò fra i suoi film preferiti dell’anno, frase che Jeff prese e che tuttora piazza in bella mostra direttamente all’inizio della sua biografia su IMDb prima ancora dei suoi dati anagrafici.
Non era mica brutto Kick Ass 2, eh? Ma aldilà di “sicuramente meglio degli ultimi film di Robert Rodriguez” non saprei cosa dirgli senza esagerare.
Comunque: Wadlow lavora per la Blumhouse a Truth or Dare, che non impressiona nessun critico ma incassa quel che deve in scioltezza, e questo è il suo premio.
Pazienza, non si può avere sempre Jordan Peele.
La bella notizia arriva quindi con l’ingaggio di Michael Peña nel ruolo di Mr. Rourke.
O meglio: la bella notizia è che qualcuno finalmente ha regalato a un instancabile comprimario come Michael Peña un ruolo da protagonista assoluto.
La brutta notizia è che si decide che Hervé Villechaize è insostituibile e il suo ruolo non viene aggiunto. Ci si ritira così, senza neanche provarci.
È un peccato, ma se vi manca vi consiglio di ammirare Peter Dinklage che sfodera una prova ad alto tasso carismatico nel biografico My Dinner With Hervé.
Il resto del cast? La solita sagra di fazze televisive: Lucy Hale, Maggie Q, Ryan Hansen, Jimmy O. Yang. Più Michael Rooker a tenere tutti in bolla.

Vi sarebbe piaciuto, eh? Purtroppo è una scena da un film diverso (My Dinner With Hervé, 2018)

Ora: con queste premesse non è saggio aspettarsi il capolavoro, forse solo Tarantino aveva l’hype alle stelle.
Wadlow è capacissimo di girare un horror mainstream medio con competenza, ma non esattamente una “nuova voce autoriale dell’horror” o cose del genere.
Ma sapete cosa?
Manco il Fantasy Island originale era esattamente scritto da Philip K. Dick.
Cioè: da uno spunto del genere un po’ di faciloneria, un po’ di ingenuità, è non solo concessa ma praticamente dovuta.
Le cose importanti sono altre: la creatività, l’empatia, il senso di meraviglia, la suspense, la gestione delle sottotrame incrociate.
Wadlow sulla carta si dimostra un fan: le storie che s’inventa sono un buon specchio modernizzato di ciò che la serie proponeva allora.
C’è la trama romantica, quella divertente, quella drammatica, quella cattiva.
E c’è la splendida promessa iniziale: TUTTE, in un modo o nell’altro, andranno in vacca.
E allora non ci si capacita di come il film stesso vada in vacca molto prima.

Fazze da Love Boat

Hansen e Yang fanno una specie di versione un livello meno demenziale dei “Fratellastri” di Ferrell & Reilly e sono insopportabili dal quinto secondo circa, ma che la mia fantasia di vedere una bella versione di Fantasy Island sul grande schermo non vada esattamente come avessi preventivato lo si capisce brutalmente da quelli che in teoria dovrebbero essere i migliori in campo: Peña e Rooker.
Peña, credo per la prima volta nella sua vita, si dimostra violentemente fuori ruolo. Gli eleganti panni di Montalban sono difficili da vestire, ma la sua decisione di recitare con un palo infilato nel culo non dà quel senso di mistero e inquietudine, di minimalismo e sottrazione a cui probabilmente mirava. Pare talmente a disagio che ti aspetti che da un momento all’altro esploda e si metta a fare il messicano strafumato e logorroico di Ant-Man.
Rooker a sua volta è mortificato a interpretare lo sceneggiatore in campo, ovvero quello che compare qua e là a caso a tappare al volo buchi di sceneggiatura con toppe e spiegoni d’emergenza. Lo fa con un look imbarazzante e la convinzione di quello che è lì perché ha perso una scommessa, ma riesce a dileguarsi in modo rocambolesco prima di prendersi anche la colpa del pessimo twist finale.
Se escludiamo quindi un piccolo ruolo per quella fazza indimenticabile di Kim “Colpito, pupo!” Coates, la migliore in campo alla fine è Lucy Hale, frase che non non mi risulta abbia mai fatto urlare a nessuno “cazzo allora lo devo vedere”.

Debiti di gioco

Non me la sento di buttare tutto tutto di questo Fantasy Island, alla fine qualche sprazzo che mi ha risvegliato i bei ricordi della vecchia serie c’è.
Ma pare un film scritto con un minimo di impegno e poi abbandonato e girato con scarsa convinzione.
E il problema di farne un lungometraggio al cinema invece di una serie reboot è che non puoi nemmeno limitarti a replicare un semplice episodio regolare, ma devi dare qualcosa di extra, qualcosa di speciale, e quel qualcosa di extra e speciale si tratta ovviamente della pessima e del tutto non necessaria idea di cercare di svelare una mitologia fantastico-logica dietro al funzionamento dell’isola (responsabile principale del lato “horror”).
Ma insomma: messa così non serve veramente a niente, se non a far venire voglia di recuperarsi l’originale.

DVD-quote:

“Ci manchi tanto Hervé”
Nanni Cobretti, i400calci.com

>> IMDb | Trailer

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